EMPATIA: L’ANTIDOTO A PREGIUDIZI, CONFLITTI E DISEGUAGLIANZA

A Londra esiste un Museo che permette di mettersi nei panni degli altri per capire cosa realmente provano e cosa sta alla base delle loro scelte e decisioni.

L’Empathy Museum, questo il nome, dispone fra gli altri, di un “A Mile in My Shoes” (un miglio nelle mie scarpe), dove si può camminare per un miglio con le scarpe di un altro per capirlo veramente.
Qui è possibile vedere il mondo con gli occhi degli altri, prendendo in prestito le scarpe di un’altra persona, da quelle del contadino a quelle del banchiere, passando per il rifugiato, la prostituta e il maratoneta Una volta scelte e indossate, i visitatori sono invitati a fare una passeggiata lungo le rive del Tamigi indossando una cuffia che racconterà la storia di chi è solito portarle.

L’empatia è un concetto molto importante, non a caso: “La ricerca neuroscientifica rivela che il 98% delle persone ha la capacità di provare empatia ma pochi raggiungono il pieno potenziale empatico – spiega uno dei fondatori Roman Krznaric – Oggi viviamo in un mondo iper-individualistico che sta erodendo rapidamente le nostra empatica. La nostra incapacità di apprezzare punti di vista, esperienze e sentimenti degli altri è alla radice del pregiudizio, del conflitto e della disuguaglianza. L’empatia è l’antidoto che ci serve”.

COS’E’ L’EMPATIA

Sono in molti a credere che sia una abilità delle sole persone sensibili. Non è così. L’empatia è la capacità di mettersi nei panni dell’altro per comprenderlo senza lasciarsi trascinare nelle sue emozioni, riuscendo a sentire ciò che sente e nello stesso tempo a dare il giusto consiglio quando occorre, mantenendo lucida la mente. Per essere empatici occorre saper identificare e riconoscere le proprie emozioni e sapersi ascoltare. Se non si lavora su se stessi, se non ci si conosce sarà difficile distinguere le emozioni degli altri.

Essere empatici dunque non vuol dire lasciarsi trascinare dalle emozioni degli altri, e diventare tristi o arrabbiati se è lo stato d’animo dell’altro, altrimenti non riusciremo mai ad essere utili, e ad utilizzare questa grande capacità al meglio.

5 TIPI DI EMPATIA

Ci sono diversi tipi di empatia, non una sola e standard.
1) Empatia positiva: si ha quando una persona è in grado di partecipare pienamente alla gioia altrui perché è riuscita a cogliere la felicità che l’altra persona sta provando.

2) Empatia negativa: si ha quando una persona non riesce ad empatizzare rispetto alla gioia altrui, ad esempio a causa di esperienze negative vissute in passato che riemergono. Si tratta di una sorta di fuga dalla gioia degli altri.

3) Empatia interculturale:
– Empatia comportamentale: la capacità di capire i comportamenti di una cultura diversa, le cause e le catene di comportamenti correlati.
– Empatia emozionale: la capacità di percepire le emozioni vissute dagli altri, anche in culture diverse dalle proprie.
– Empatia relazionale: la capacità di capire la mappa delle relazioni delle persone e le sue valenze affettive nella cultura di appartenenza.
– Empatia cognitiva: l’abilità di capire le credenze di cui una cultura si compone, i valori, le ideologie, le strutture mentali che l’individuo culturalmente diverso possiede e a cui si ancora.

4) Empatia tra genitori e figli. L’empatia nasce nel bambino fin dai primi giorni di vita. I genitori possono aiutare i bambini a riconoscere le emozioni e a essere più empatici durante la crescita. E’ un processo bi-bidirezionale, sia il bambino sia il genitore ne può trarre vantaggio.

5) Empatia a scuola: per migliorare i rapporti tra studenti e insegnanti. Fruttuoso è l’esempio danese che ha introdotto l’empatia come materia scolastica. In questo modo ognuno ha maggiori strumenti per comprendere meglio gli altri e le loro emozioni.

COSA CI RENDE EMPATICI?

Cosa rende possibile l’empatia? I neuroni specchio, scoperta che si deve al neuroscienziato italiano Giacomo Rizzolatti, nel 1992, aprendo il campo a ulteriori interessanti sviluppi sulla nostra evoluzione e sulle capacità intrinseche dell’essere umano.

Rizzolatti ha scoperto l’esistenza di particolarissimi neuroni che si trovano nelle aree cerebrali deputate ai movimenti e che si attivano quando si compie un qualsiasi gesto.

Perché sono tanto speciali?

La loro peculiarità è che si attivano non solo in chi compie quel determinato movimento ma anche in chi lo sta osservando. Osservando quello che fanno gli altri, abbiamo l’opportunità di capire le loro intenzioni, scoprire emozioni, provare empatia ma anche imparare.

Come ha spiegato lo stesso Rizzolatti: “Fino a non molti anni fa, si riteneva che il sistema motorio producesse solo movimenti. Noi, partendo da un approccio etologico, senza convinzioni a priori sulla funzione delle aree motorie, abbiamo scoperto che molti neuroni del sistema motorio rispondono a stimoli visivi. Se vedo una persona che afferra una bottiglia, colgo subito il suo gesto perché è già neurologicamente programmata in me la maniera in cui afferrarla. Si verifica una comprensione istantanea dell’altro, senza bisogno di mettere in gioco processi cognitivi superiori. In seguito abbiamo visto che la stessa cosa capita per le emozioni. Per esempio il disgusto. Somministrando a una persona uno stimolo olfattivo sgradevole, come l’odore delle uova marce, si attivano determinate parti del cervello. Una di queste è l’insula, un’area corticale che interviene negli stati emozionali. La sorpresa è stata che, se osservo qualcuno disgustato, si attiva in me esattamente la stessa zona dell’insula. Questo ci consente di uscire da un concetto mentalistico e freddo, riportando tutto al corpo. Io ti capisco perché sei simile a me. Non deduco, ma sento. C’è un legame intimo, naturale e profondo tra gli esseri umani. Il processo non è logico ma intuitivo”.

 

L’IMPORTANZA DEI NEURONI SPECCHIO

La rivoluzionaria scoperta di Rizzolatti ha aperto la strada a numerose altre ricerche che hanno messo in relazione i neuroni specchio con emozioni, apprendimento e altre condizioni e capacità tipicamente umane.
Questi particolari neuroni sono alla base dell’empatia, la capacità che hanno gli uomini di immedesimarsi nelle situazioni e solidarizzare con le gioie e i dolori degli altri. Questa dote sarebbe dunque possibile in quanto è il nostro stesso cervello ad essere in grado, tramite i neuroni specchio, di connettersi con quello degli altri.

Questo però non avviene sempre e comunque, a volte l’empatia non scatta e i motivi possono essere diversi, il più frequente è il fatto che la persona non riconosce se stesso nell’altro. Ad esempio, secondo Rizzolati, i neuroni specchio potrebbero attivarsi o meno a causa di fattori culturali.

Sostanzialmente l’essere umano è in grado di capire e intuire anche quello che non sente in prima persona ma che sta provando qualcun altro vicino a lui, di contro però la razionalità e l’azione dei retaggi culturali possono anche bloccare questo processo. Ciò ci fa capire perché è più facile che la nostra empatia si sviluppi verso famigliari, amici, concittadini o verso chi condivide con noi religione, idee politiche, passioni ecc. mentre tende a essere meno spiccata verso chi consideriamo per qualsiasi ragione “diverso”.

La scoperta dei neuroni specchio ha avuto ripercussioni anche sullo studio dell’autismo. Si ritiene infatti che le persone che soffrono di questa patologia non riescano a rapportarsi con gli altri e ad empatizzare proprio perché carenti di neuroni specchio.

Secondo il neuroscienziato indiano Vilayanur S. Ramachandran, i neuroni specchio sono stati fondamentali per la costruzione del nostro patrimonio culturale. Sarebbero stati proprio loro a donarci, nel corso degli anni, la capacità di imparare per imitazione, il linguaggio verbale e ovviamente l’empatia, tutte doti e condizioni che hanno reso possibile la, sia pur imperfetta, evoluzione umana.

TRE STRATAGEMMI PER MIGLIORARE LA CAPACITA’ EMPATICA

Il segreto è nell’ascolto. Banale? Assolutamente no, soprattutto perché se nessuno ci ha mai insegnato ad ascoltare, difficilmente sappiamo farlo nel modo giusto.
Ed è un gran peccato perché, come ha precisato Carl Rogers “coloro che sono stati ascoltati attivamente maturano sotto il profilo emotivo, si aprono all’esperienza, stanno meno sulla difensiva, diventano più accettanti e meno autoritari“.

Poiché non è mai tardi, possiamo cominciare ad ascoltare anche ora. Ecco i tre stratagemmi che suggeriva lo psicologo Thomas Gordon per migliorare l’ascolto attivo:

• posizionati a livello dell’altro (simbolicamente ma anche fisicamente sullo stesso piano)
• rallenta la comunicazione: aiuta ad uscire dagli automatismi reattivi, dà spazio alla riflessione e tempo per una percezione globale.
• fai ricorso in modo creativo all’esercizio della tartaruga: esprimi il tuo punto di vista e le tue posizioni solo dopo aver riassunto, in modo corretto, il punto di vista, le sensazioni e i dati prima esposti dall’altro interlocutore.